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XIII.1
Morte, il tuo fero artiglio in van si stende:
Non son per te sì gloriose prede:
Ecco Maria, che dal sepolcro ascende
Più che mai bella in ver l’eterea sede.
5Ed oh qual pompa! Ecco ove Cintia splende
Passa, e la Luna le fa soglio al piede:
Oltre s’avanza, e dove il Sol s’accende,
Farle ammanto co’ raggi il Sol si vede.
Giunge all’ultime stelle alto lucenti,
10Là s’incorona: il Ciel s’aprio: scorgete
Venirle incontra le beate Genti,
Gli Angeli, il Figlio. Oh sante gioie e liete!
Chi può ridirle? Serafini ardenti,
Ditelo voi, se dir tanto potete.
XIV.
Talora io parlo a un colle a un rivo a un fiore,
E l’aspre del mio cor pene descrivo;
Ma non mi crede il colle il fiore il rivo,
Chè per vezzo del canto io fingo amore.
5Talor m’ascolta poi Ninfa o Pastore
Dir, ch’io non amo, e ’l bel d’un volto ho a schivo
Ninfe, e Pastor non mi si creda: io vivo
Pur troppo amante: oh se vedeste il core!
Non amo nò, sebben di Filli, e Iole
10Canto talor, ma pur le fiamme ho in seno:
Chi mai può non amar quand’amar vuole?
Amo, e non amo un gentil volto e bello:
Quel ch’io lodo non è quel, per cui peno;
Ma quel ch’io taccio, ah quel ch’io taccio è quello.
XV.
Il Gondolier, sebben la notte imbruna,
Remo non posa, e fende il mar spumante,
- ↑ Nel dì dell’Assunzione, della B. Vergine.