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     Che omai sen vanno a’ sacri gioghi intorno
     Di te pensosi il gran Petrarca e ’l Bembo.


V1


Mentre, Signor, di tanti fregi adorno,
     Che nè dir, nè pensar tutti saprei,
     Posti di cortesìa mille trofei,
     Voi là n’andate onde ci nasce il giorno;
5Io qui mi rimarrò, d’ira e di scorno
     Colma, accusando i destin sordi e rei,
     E di vostre memorie i dolor miei
     Pascerò sempre a queste rive intorno.
Nè da gravi sospir cesserò mai,
     10Fin che nell’Adria, che i più degni onora,
     Splendano in aureo manto i vostri rai;
E voce esca dal Mar chiara e sonora:
     Che piangi ancor? Non hai tu pianto assai?
     Sorgi, Verona, e ’l tuo bel Sole adora.


VI2


È questo il ricco ammanto e l’ostro e l’oro,
     Che si tessea per le tue nozze, o Bella?
     Queste le bianche perle, onde s’appella
     Dal vulgo avaro fortunato il Moro?
5Altri panni, altri fregi, altro lavoro
     Ispido troppo a tenera donzella
     Ti stanno intorno, e l’una e l’altra stella
     Copri, che fa d’Amor doppio tesoro.
Donne, perchè sì tristo e sconsolato
     10Mostrate il viso? è di pietà ben degno
     Il vostro vaneggiar, non il mio stato.
Dite alla Madre mia, che il caro pegno
     Perdendo acquista, e che il mio cuor beato
     Fa la speranza dell’eterno Regno.

  1. Verona, nella partenza di Giovanni Mocenigo Soranzo Capitano.
  2. Per Monaca.
Zappi Tom. I. 20