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GIO. ANTONIO VOLPI.
I1
La man porgo alla penna, e indarno tento
Breve stilla, Signor, de’ pregi vostri
Sparger in carte, che i miei frali inchiostri
Far voi chiaro non ponno, e me contento.
5Per trovar pari a Voi degno argomento,
Norma di bel costume a’ tempi nostri,
In quei del valor prisco alteri mostri
Con la mente m’affiso, e poi mi pento.
Chi mai salisse di Platon per l’orme
10A mirar quant’è bella Cortesìa
Senz’alcun velo tra l’eterne forme:
Potrebbe sol (ciò che mio stil desia)
Dipinger Voi d’atto e color conforme;
Che a tanta impresa è chiusa ogn’altra via.
II2
S’io mi rivolgo, e guardo al fonte
Da cui vostro gentil sangue deriva,
Veggio una Gente ancor, per fama, viva
Del tempo dispregiar minacce ed onte.
5Veggio, Signor, più Duci ornar la fronte
Di sacro alloro e di tranquilla oliva,
(Alto soggetto onde si parli e scriva)
A’ perigli, alla morte anime pronte.
Veggio il vostro gran Padre irne lontano,
10Dove amor della patria il guida e sprona,
E giacerne, ahi, la salma in lido strano.