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GIO. ANTONIO VOLPI.


I1


La man porgo alla penna, e indarno tento
     Breve stilla, Signor, de’ pregi vostri
     Sparger in carte, che i miei frali inchiostri
     Far voi chiaro non ponno, e me contento.
5Per trovar pari a Voi degno argomento,
     Norma di bel costume a’ tempi nostri,
     In quei del valor prisco alteri mostri
     Con la mente m’affiso, e poi mi pento.
Chi mai salisse di Platon per l’orme
     10A mirar quant’è bella Cortesìa
     Senz’alcun velo tra l’eterne forme:
Potrebbe sol (ciò che mio stil desia)
     Dipinger Voi d’atto e color conforme;
     Che a tanta impresa è chiusa ogn’altra via.


II2


S’io mi rivolgo, e guardo al fonte
     Da cui vostro gentil sangue deriva,
     Veggio una Gente ancor, per fama, viva
     Del tempo dispregiar minacce ed onte.
5Veggio, Signor, più Duci ornar la fronte
     Di sacro alloro e di tranquilla oliva,
     (Alto soggetto onde si parli e scriva)
     A’ perigli, alla morte anime pronte.
Veggio il vostro gran Padre irne lontano,
     10Dove amor della patria il guida e sprona,
     E giacerne, ahi, la salma in lido strano.

  1. Per M.A. Mocenico Veneto Amb. a Roma, Proc. di S. Marco.
  2. Per Andrea Delfino Podestà di Padova figlio del Cav. Gio. il quale morì Bailo in Costantinopoli, e fu sepolto a Pera.