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     Togliendo i furti a quei Pirati indegni.
Deh le vittorie tue segui veloce;
     E tutti correran dell’Orto i Regni
     Sul sacro alloro ad adorar la Croce.


X1


Lasso, che feci! Abbandonai la bella
     Sponda del Tebro, e volsi all’Adria il piede,
     Cangiai la ferma in un’istabil sede,
     E la calma lasciai per la procella.
5L’unico pegno mio che vive in quella
     Per delizia del cuor l’occhio non vede:
     Perduti ho i dolci baci, e più non riede
     La frequente tra noi mensa, e favella.
L’Ostro, ch’ei cinge, onde n’andai fastoso
     10Più di lui molto, io non mi veggio appresso,
     E ’l piacer, che ne trassi, or m’è penoso.
Così dagli anni, e dalle cure oppresso
     Mentre ricerco invan Figlio, e riposo,
     Ah che non trovo in me quasi me stesso!


PIETRO OTTOBONI.


Padre, la via de’ saggi è sempre bella,
     E virtù fra i disastri ha fermo il piede;
     Nè giunger può di gloria all’alta sede
     Chi l’interna non vinse aspra procella.
5Ovunque posi o in questa parte o in quella,
     L’occhio dell’amor mio sempre ti vede;
     E ’l desio che a te viene, e che a me riede,
     Porta e riporta i baci e la favella.
Soffri pur dunque, e nel tuo duol fastoso
     10Attendi il lieto dì, che al Figlio appresso
     Il premio avrai del tuo soffrir penoso.

  1. Sonetto al Figlio, di cui segue la risposta.