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Leva le reti, o Restagnon; ritira
Il gregge a gli stallaggi; or sai che quando
Manda suoi segni il Ciel, vicina è l’ira.
II
Quel Capro maledetto ha preso in uso
Gir tra le viti, e sempre in lor s’impaccia;
Deh, per farlo scordar di simil traccia
Dagli d’un sasso tra le corna e ’l muso.
5Se Bacco il guata, ei scenderà ben giuso
Da quel suo carro, a cui le Tigri allaccia:
Più feroce lo sdegno oltre si caccia,
Quand’è con quel suo vin misto, e confuso.
Fa discacciarlo, Elpin; fa che non stenda
10Maligno il dente, e più non roda in vetta
L’uve nascenti, e il loro Nume offenda.
Di lui so ben, che un dì l’altar l’aspetta:
Ma Bacco è da temer, chè ancor non prenda
Del Capro insieme e del Pastor vendetta.
II
Dianzi io piantai un ramuscel d’Alloro,
E insiemeio porsi al Ciel preghiera umìle,
Che sì crescesse l’arbore gentile,
Che poi fosse ai Cantor fregio e decoro,
5E Zeffiro pregai, che l’ali d’oro
Stendesse su i bei rami a mezzo Aprile;
E che Borea crudel stretto in servile
Catena, imperio non avesse in loro.
Io so, che questa pianta a Febo amica
10Tardi, ah ben tardi, ella s’innalza al segno
D’ogni altra, che qui stassi in piaggia aprica.
Ma il suo lungo tardar non prendo a sdegno,
Però che tardi ancora, e a gran fatica
Sorge tra noi chi di corona è degno.
IV
Per più d’un angue al fero teschio attorto
Veggio, ch’atro veleno intorno spiri,
Mostro crudel, che il livid’occhio e torto