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Donna, e del casto sangue il ferro intrise.
5E piansi anch’io, quando mia Speme anch’essa
Priva di speme alla sua man commise
Di se stessa l’eccidio, ed in se stessa
I propri oltraggi, e le mie brame uccise.
Ambo dunque piangemmo, e ad ambo insieme
10Diè sventura diversa ugual dolore,
E d’ugual gioia i nostri guai fur seme.
Chè te potèo di servitù trar fuore
Lucrezia uccisa, e a me l’uccisa Speme
Render potèo la libertà del cuore.
II
Sono, Italia, per te discordia e morte
In due nomi una cosa, e a sì gran male
Un mal s’aggiunge non minor, che frale
Non se’ abbastanza, nè abbastanza forte.
5In tale stato, in così dubbia sorte
Ceder non piace, e contrastar non vale;
Onde, come a mezz’aria impennan l’ale,
E a fiera pugna i venti apron le porte:
Tra il Frale, e il Forte tuo non altrimenti
10Nascon, quasi a mezz’aria, e guerra fanno
D’ira, invidia, timor turbini e venti.
E tai piovono in te nembi d’affanno,
Che se speri, o disperi, osi, o paventi
Diverso è 'l rischio, e sempre ugual fia ’l danno.
III
Italia, Italia, o tu, cui feo la Sorte
Dono infelice di bellezza, ond’hai
Funesta dote d’infiniti guai,
Che in fronte scritti per gran doglia porte;
5Deh fossi tu men bella o almen più forte,
Onde assai più ti paventasse, o assai
T’amasse men chi del tuo Bello a i rai
Par, che si strugga, e pur ti sfida a morte!
Che or giù dall’Alpi non vedrei torrenti
10Scender d’Armati, nè di sangue tinta
Zappi. Tom. I. | 10 |