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     10Il mio nemico alto piangendo impazza,
     E crinisparsa per dolor s’indraca.
Ecco già tutta la nereida razza
     Contra me spinge; ma già già si placa,
     Se impugno sol la mia possente tazza.


VI


Aci, non ti partir, stiam cheti e bassi,
     Che mille aguati il traditor ne tende:
     Carpone or salta, or per alpestri sassi
     Brancolando s’aggrappa, e sale e scende.
5Dietro a un cespo talor furtivo stassi,
     Gli orecchi aguzza, e il collo innanzi stende;
     Quindi celeremente i lunghi passi
     Volge là dove alcun susurro intende.
Ve’ tu quell’alta rupe? or quella è donde
     10Guatar ne suol; però l’appiatta, e copri
     Quà sotto, ch’ei non può vederne altronde,
Poi le sue forze insidiando adopri.
     Pur temo ancor: che quel ch’amor nasconde:
     Tu spesso invidia e gelosìa discopri.


VII1


Ma qual orrendo risonar bisbiglio
     Odo d’intorno a quest’alpestre roccia?
     Ov’è l’invitta mazza; Ecco s’approccia
     L’insidioso di Laerte figlio.
5Non mai ghermì con dispietato artiglio
     Rapace nibbio la tremante chioccia,
     Com’io già l’empio afferro ed arronciglio,
     Insin ch’io veggia di suo sangue goccia.
Al fiero pasto dei compagni aggiunto
     10Sarai ben tosto, maledetta volpe,
     S’avvien, che sii da queste man raggiunto.
Vuo, che il mio dente ti smidolli e spolpe,
     Col resto dello stuolo a te congiunto,
     Vendicatore di tue sozze colpe.

  1. Polifemo ad Ulisse. V. Omero Odis. lib. 9.