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Del men fervido Sole a i dolci lampi
Torna ogn’augello a noi da Ciel lontano.
5La vana lodoletta, e il tordo insano
Corron delusi ai preparati inciampi,
E sembra già, che di bell’ira avvampi
L’astuto veltro, ed il veloce alano.
Si desti a pronta fuga il lepre vile:
10Il rabbioso cignale a fier cimento:
Cerchiam le caute volpi entro il covile.
Chi vuol goder, s’armi a i lor danni intento,
Che pur troppo è del Mondo usato stile
Trar dall’altrui periglio il suo contento.
XIV
Al prato, al prato Elpin: flauti, e zampogne
Recate, o ninfe; ecco ritorna Aprile;
Zingaretta del Nil vaga e gentile,
Già lo venne a predir garrula progne.
5Sembra, ch’ogn’altro fior sgridi e rampogne
Di tarda, e villa violetta umile;
E deposto di neve il crin senile
Par, che le nuove frondi il bosco agogne.
Già tesse filomena ai figli il nido:
10Esce al tepido Sole ape dorata:
Bacia il ruscel dal giel disciolto il lido.
La Terra, e il Ciel ride a stagion sì grata.
Ridiam; mancato è il verno. Ah di che rido!
È alla mia vita una stagion mancata.
XV
D’un limpido ruscello in sulle sponde
Scherzando un dì sedean Clori, e Daliso;
Quando inchinar sul rivo ambo il bel viso,
Egli lei vide, ed ella lui nell’onde.
5Mira, disse il pastor, come nasconde
Perle, e coralli il rio, quand’apri un riso:
Ma tu non vi mirar, s’altro Narciso
Non vuoi cadervi, allor Clori risponde.
Lieto ei gridò; sì vi cadrei, poi tacque;