Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
78 |
Tu Dea non già: ma chi teme o presume,
Mentre vile paventa, o indegno spera,
Per incolparne il Ciel ti finse un nume.
II1
Signor, tempra l’affanno, e al ciglio augusto
Rendi il sereno, onde gioisca il mondo:
Grav’è l’incarco, è ver, ma al grave pondo
Chi di se men confida è più robusto.
5Sgridar potriasi il tuo timor d’ingiusto
Dal tuo gran cor d’ogni virtù fecondo;
Ma, s’ei tace modesto, odi facondo
Dirti il Cielo: Io ti scelsi, ed io son giusto.
E ben mirasti a i primi albor del regno
10Scintillare improvisa Iri di pace,
Di fortunato impero e dono, e pegno.
Deh, mio Signor, perdona al labbro audace:
Della Chiesa di Dio farti sostegno
Se il Ciel vuol, s’a Noi giova, a Te dispiace!
III
Signor, non già perchè l’eterne, e belle
Gioie tu doni ai puri spirti e santi,
O perchè al regno degli eterni pianti
Danna la tua giustizia alme rubelle,
5Fia, che tema, ò speranza a queste, o a quelle
Opre rivolga i miei desiri erranti
Nè che affetto servil vincer si vanti
Alma simile a te, nata a le stelle.
Ma di santa superbia acceso il core
10Ciò, che non piace a te, fugge sdegnato,
Per pugnar quanto può teco in Amore.
Io bramo più di riamarti amato
Che l’acquisto del Cielo, ed ho in orrore
Più dello stesso Inferno esserti ingrato.
- ↑ A Clemente XI. afflitto per l’assunzione al pontificato.