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cuni suffissi superflui. Nel 1878 mi era sembrato bastante per formare una lingua aver il vocabolario e la grammatica ed allora ascrivevo la pesantezza e la rigidezza di essa solo al fatto che io ancora non me ne era impadronito sufficientemente, ma la pratica mi persuase ognora più che essa abbisognava anche di un certo non so che, della unione degli elementi che dà ad ogni lingua viva definita e compiutamente formata la sua impronta peculiare. Incominciai allora ad evitar le traduzioni alla lettera da uno o da altro idioma, e mi studiai di pensare nella lingua neutra. Più tardi mi accorsi che essa in mia mano cessava di essere l’ombra di un’altra lingua qualsiasi, alla quale in quel momento pensassi, o intorno alla quale mi fossi occupato, ma che assumeva la sua propria determinata fisonomia indipendentemente da qual si sia altra influenza. La parola stessa fluiva agile, graziosa, affatto spigliata come in una lingua viva.
Un’altra circostanza fece ritardare la sua pubblicazione, poichè rimase per molto tempo ancora non risolto un problema che aveva un grande valore per la proposta di un idioma ausiliare o neutrale. Io sapeva che ognuno mi avrebbe detto. “La vostra lingua sarebbe utile per me allorchè fosse accettata da tutti, ma io non posso accoglierla finchè non si sarà diffusa in tutto il mondo„ E, poichè non è possibile che il mondo l’accetti fino a tanto che non sia accolta dai singoli individui che lo costituiscono, ne derivava che il mio disegno non sarebbe mai potuto uscire da questo cerchio di ferro e passare nel campo pratico. Intorno a questo problema mi arrabattai a lungo finchè i così detti cifrarii segreti, che non è necessario siano