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I primi reparti di truppa giunsero nel porto senza alcun utensile per gli scavi. Il primo gennajo, sul quinto giorno! vennero zappe, vanghe, badili, non tutti poi completamente distribuiti.

Nella notte le operazioni di salvataggio si dovevano sospendere per mancanza d’apparati d’illuminazione. Delle torcie erano state inviate due giorni prima ma non si seppe in quale piroscafo e in quale imballaggio fossero chiuse.

Quasi riconoscendo la propria deficenza in quel frangente, a petto agli eroi stranieri, i nostri si adattarono meglio al servizio meno difficoltoso del trasporto dei feriti nelle varie città d’Italia.

Finchè il giorno tre gennajo, con improntitudine stupefacente il generale Mazza faceva sapere all’ammiraglio Litvinoff che da quel momento egli disponeva di mezzi sufficienti per un’opera di soccorso indipendente.

Perchè lo disse? anzi lo fece? Ne aveva il diritto? Per dovere?

Fu un momento di vanità, presunzione, vanagloria, codarda albagia?

«Io domino la situazione. Ho gli occhi a tutto; ho sotto di me tutto. Farò. Farò quanto voi.»

Le relazioni de visu di De Felice, Morgari, Colajanni, vennero dette calunnie dagli alti ufficiali di marina.

Tutte le squadre che per conto loro furono sul luogo, fecero bene.

Nello stesso giorno fu proclamato lo stato d’assedio a Messina e Reggio. Per salvare le casseforti e gozzovigliare con più libertà. Come si banchettava allegramente a bordo del «Duca di Genova»! E gli