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grave, ma bisognava pure che tentassi! Scelsi alcune:fiale dell’«R. 45» e dell’«R. 78» e, valendomi dei delicati arnesi che avevo portato meco, le aprii e le vuotai in un recipiente dove era già stato versato un liquido che chiamerò, per essere capito, dissolvente. Questo liquido, di cui mi ero servito durante le mie esperienze, era una specie di annullatore delle. proprietà distruttive dei miei esplodenti. Qui sarebbe inutile entrare in più lunghe spiegazioni tecniche. Chi legge, tuttavia, potrà figurarsi l’estrema delicatezza di questo lavoro, compiuto alla luce rossastra di una lampadina elettrica, tra i sobbalzi e gli ondeggiamenti, con la paura continua di essere sorpreso dal terribile Otto.

Ero quasi arrivato alla fine: avevo riempito le fiale di acqua e stavo per saldarle alla lampada, quando sentii ridere dietro le mie spalle. Mi voltai....

— Bravo! — la voce del capitano mi picchiava, duramente, nel cervello. — Voi adesso vi affaticate a prepararmi qualche innocente balocco! Ma io non sono tanto ingenuo, mein herr: oh!?... i vostri calcoli falliranno. Salteremo in aria tutti, e ci divertiremo insieme!

Era finita. Il capitano aveva smesso di ridere: il suo largo viso, arrossato dai venti dell’Oceano