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squilibrio? Come si curerà, insomma, il «male dello spazio»?

Ecco i punti più difficili e forse più importanti dell’intero disegno. Perché a che gioverebbe fabbricare un razzo destinato ai viaggi nell’infinito, se i suoi abitatori dovessero servirsene soltanto per morire? Quale scopo avrebbe il lancio di un nostro veicolo «vuoto» sul pianeta Marte?

E necessario che le astronavi del duemila contengano esploratori e scienziati, i quali, al termine di ogni loro maravigliosa traversata, possano uscire sani e salvi dal loro veicolo per visitare il nuovo mondo su cui banno la fortuna di metter piede.

A queste mie osservazioni il prof. Piccardi e il buon James risposero con lunghe lettere tranquillanti. Secondo loro, insomma, nel vagonerazzo, piccolo pianeta lanciato nello spazio dalla volontà degli uomini (e dal mio esplosivo, aggiungo) dovrebbe costituirsi automaticamente una gravità proporzionale alla massa dell’apparecchio. Non gran cosa: ma sufficiente, tuttavia, a mantenere la coesione delle nostre cellule.

E allora, Dio ci aiuti!