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razzo, e la macchina per il lancio. Romilde sfogliava, osservava, leggeva. Poi si mise a sedere sulla mia vecchia poltrona di cuoio rugoso e scortecciato, alzando il viso per guardarmi. La lampadina della scrivania le accendeva misteriose scintille nei larghi occhi azzurri.
— Senti, caro, — parlò piano, nettamente, dopo una lunga meditazione — io trovo bellissimo questo tuo viaggio. Non capisco perché tu non me ne abbia parlato prima, che tu abbia preferito nasconderti, mentire, piuttosto che confidarti con me. Pensavi che tua sorella ti avrebbe sconsigliato da una simile impresa? Forse non mi conosci. Vuoi che venga con te?
Mi sentii stringere la gola per la commozione.
— Come? Che dici? tu? e i ragazzi?
— Anche loro!
Marcello e Silvano si posero a strepitare:
— Anche noi!... anche noi.
— Ma non diciamo sciocchezze!... Tentiamo di ragionare, piuttosto. Tu sai di che cosa si tratta. Quel mio amico tedesco ha scoperto un formidabile esplosivo: l’ingegnere americano farà costruire una macchina volante, una specie di astronave, che potrà vincere la forza di attrazione terrestre con la spinta dell’esplosivo. I calcoli sono perfetti. Noi sappiamo fino a un decimo