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di scoppiare per la pressione interna o di morire asfissiati.
Fin qui nulla di straordinario. Una volta risolto il problema massimo - quello della forza di propulsione - gli altri potevano essere facilmente studiati e chiariti da un qualunque dilettante di fisica. Però nei nostri calcoli e nelle nostre previsioni si presentava sempre una incognita: che cosa sarebbe successo di noi, animali costretti a vivere e a muoversi secondo la legge della gravitazione, quando questa gravitazione fosse divenuta nulla? Perché era evidente che una volta lanciati nello spazio, per la estrema velocità annullante la gravità, nel nostro vagone-razzo avremmo dovuto lottare contro gli ignoti e forse tremendi effetti della mancanza del peso....
Sul meglio delle nostre discussioni arrivò un telegramma dall’America, naturalmente di James, cosi concepito:· «Istituto Carnegie assegnato dieci milioni dollari nostro gran tentativo. Occorre cominciar subito lavoro. Venite San Francisco».
Purtroppo, un attacco di influenza costrinse il nostro ottimo Max a mettersi in letto. Toccò a me di andare in America. Prima però feci una corsa a Recanati, per raccogliere documenti e notizie intorno all’astro che dovevamo esplorare.