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— Chissà? Credo che sieno andati in Abruzzo. Su, nelle montagne.... Ma passate, signore.... Gradirete qualche cosa....

— Vi prego.... Ditemi di quei ragazzi....

Ci fu un lungo silenzio, durante il quale gli occhi larghi e grigi della donna si fissarono spesso nei miei in una strana espressione di diffidenza e di mistero.

— Voi, certo — mormorai da ultimo, appoggiandomi allo stipite della porta, per far capire che non me ne sarei andato via tanto presto — voi non ignorerete quel che è successo.... Il viaggio del professore....

La bocca della mia interlocutrice si spalancò, si richiuse, si contorse.

— Ah! sapete anche voi?

— Sicuro che so.

— Povero padrone! era un uomo tanto buono, tanto serio, tanto bravo!... Ma, purtroppo, aveva perso il cervello a guardare il cielo tutte le notti attraverso quel suo maledetto canocchiale! Io glielo ripetevo sempre: «Signor padrone, pensate ad altro: ci son tante belle cose da fare nel mondo: c’è proprio bisogno di rovinarsi la vista con quelle brutte macchine puntate contro le stelle?». Lui, rideva, poveretto, e mi pregava.