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cipizio per guardare attraverso la gran finestra. Non poté veder nulla. E quando fummo vicini a lui, il buon amico ci abbracciò sussurrando:
— Questo pericolo.... non potevamo prevederlo.... non è colpa nostra....
Ci sdraiammo sulle brande, con gli occhi fissi al soffitto, aspettandoci che il razzo, trascinato da quella immensa colonia di mostri sbattesse contro le rupi.
Tacevamo, come sospesi in una incertezza piena di ansietà.
— Ci schiacceranno?... — balbettò Max piú tardi.
E James:
— In ogni modo, preferirei una morte meno ignobile....
— La scelta non è nostra, purtroppo — guardai il cronometro. — Tra un’ora comincerà la gran notte di quindici giorni....
Ora il razzo, dopo lievi oscillazioni, accennava a fermarsi. Ci mettemmo a sedere su i giacigli, mentre il tic tac della pendola segnava il ritmo dei nostri cuori.
— Forse la «collera bruta» si esaurisce?.... — surrurrò Max.
Di lí a poco, guardando dalla finestra, ci riuscí di capire. Il razzo poggiava sul suolo,