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di me non saprebbe imitare. Ora, sulla Luna il mio peso, pur calcolando lo scafandro, è ridotto a una dozzina di chilogrammi soltanto: mentre la mia forza muscolare è rimasta uguale. Nessuna meraviglia, perciò, che io riesca a far salti di sette metri. La mia marcia, rapida e leggera, può arrivare a una media di trenta, cinque chilometri l’ora, velocità rispettabile, sulla Terra, anche per certe piccole auto da turismo. Piacevole davvero è viaggiare su questo suolo, a volte ondulato, a volte piano come il letto di un lago. Il paesaggio intorno a noi è monotono; una cerchia di monti e di cime aguzze, nude e splendenti al sole. Qua e là, larghissime ombre di un azzurro profondo, quasi nero. In queste solitudini non deve mai soffiare alito di vento, né scrosciare un uragano. Tutto è limpido, fermo, come in una immagine stampata.

Non riesco, dentro il mio elmo, a percepire nemmeno lo scricchiolio dei sassolini sotto i miei passi. Forse questo lieve rumore non si produce nell’atmosfera rarefattissima dove ci muoviamo:. qui, probabilmente, è l’eterno silenzio. Abbiamo· dato uno sguardo ai nostri strumenti: il barometro segna appena cinquanta millimetri di pressione: meno di que1lo che i nostri aeronauti possono registrare a 10,000 metri di altezza.