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degli Appennini lunari si stende il Mare Imbrium, una immensa pianura circolare, fiancheggiata di bastioni rocciosi. Il canocchiale che abbiamo portato con noi, di duecento ingrandimenti, avvicina la luna a circa centocinquanta chilometri.
Sono ancora troppi per poter vedere le particolarità di questo suolo che, se non accadranno inconvenienti, potremo visitare tra poco. Per esempio, non riusciamo ancora a. rintracciare i famosi solchi che spaccano, talvolta per centinaia e centinaia di chilometri, la crosta lunare.
Invece, come ho scritto più sopra, ci appaiono distintamente i sistemi dei raggi, specie quelli di Tycho e di Copernico. Si sentono dare le più strane e svariate spiegazioni sulla natura di questi raggi, che non sono né sollevamenti né depressioni, perché non gettano ombra di alcun genere. Taluni astronomi credono debba trattarsi di striscie di lava raffreddata da secoli. Altri, più fantasio si, come il Meyer già ricordato in questi appunti, hanno ammesso l’ipotesi che la lucentezza dei raggi di Tycho sia prodotta da lunghi agglomerati di ghiaccio. Comunque, gli scienziati terrestri non ne sanno niente: e spetterà a noi il non lieve ufficio di dare la sicura esatta spiegazione del problema.
Domani arriveremo.