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genitori non mancheranno di nulla... e tu... se vuoi, navigherai con me... e diventerai un bravo e forte marinaio... Che posso dirti, Ciuffettino?.. Sono vecchio, oramai... sono solo... e ti amo come amavo il mi’ povero ragazzo... che è in cielo... Non abbandonarmi! Quello che è mio, è tuo. Vuoi?

Ciuffettino, per tutta risposta, saltò al collo del degno uomo.

Poco dopo il ragazzo, seguito da Melampo, correva a perdifiato su la stradicciòla che serpeggiava, salendo ripidamente, intorno al colle di Cocciapelata. E quando, nell’ora solenne del tramonto, Ciuffettino giunse alle prime casette del villaggio natio, sentì che il cuore gli martellava forte, e le gambe gli si piegavano sotto. Dovette fermarsi per ripigliar fiato. Poi seguitò l’ascensione. I cani accucciati su le porte dei casolari, al suo passaggio, si alzavano stirando le membra, e le oche e i polli fuggivano da ogni parte, agitando le ali, schiamazzando, impauriti. Anzi, molte di quelle bestiole riconobbero l’antico Ciuffettino, il terrore dei cani, dei gatti, delle galline e delle oche di Cocciapelata.

Qualche ragazzo, per la via, disse forte, additandolo:

— Toh! guarda Ciuffettino!...

Ma egli non badava a nulla: era giunto alla mèta. Eccolo dinanzi allo sgabuzzino di compare Attanasio... Ecco lì il gatto, il povero gatto che aveva ricevuto tanti calci...

Il nostro eroe si trascinò fino alla porta della botteguccia, ma non ebbe coraggio di entrare. Chiamò, con un fil di voce:

— Babbo!

La sora Rosa, che traversava in quel momento la strada per portare la zuppa al marito, vide il fan-