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In cima alla palma i pappagalli dell’isola avevano depositati i ricordi e i documenti più preziosi della loro storia. Ciuffettino, senza badare a Beccolungo e a Beccocorto, i quali gridavano al sacrilegio, all’empietà, arruffando le penne e mettendosi la testa sotto le ali, Ciuffettino, dico, si infilò dentro la pelle del macacco e abbandonò precipitosamente il Museo storico. I dignitari lo seguirono borbottando, altamente scandalizzati. Ma egli li calmò subito.

— Se seguitate a brontolare così, miei cari aiutanti, vi metto allo spiedo per questa sera. Giusto, ve l’ho detto, ci ho un appetito... E voi siete belli e grassocci. Delle vostre lingue, poi, me ne faccio fare un cibreino dal cuoco di Corte...

Traversarono di nuovo il bosco. Quando fu sul limitare, Ciuffettino impartì alcuni ordini misteriosi: e Beccolungo e Beccocorto, divenuti improvvisamente ossequenti e premurosi, fecero due o tre rivoltoloni per terra, e promisero, anche questa volta, di obbedire.

Ciuffettino si avviò, solo solo, verso l’esercito nemico. Mano a mano che si avanzava, le scimmie emettevano dei grugniti di sorpresa e di gioia. Un loro compagno...! nell’isola! La cosa parve di buon augurio a tutti. Il capo dei macacchi si avanzò verso l’imperatore dei pappagalli, facendo ad ogni passo una riverenza, e strofinando il muso contro la sabbia: poi quando si trovò a brevissima distanza da Ciuffettino, in atto di suprema allegrezza, si lanciò in aria, ed eseguì una serie di doppi salti mortali,