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lui l’avesse sempre tenuta pulita: ma siccome si lavava due volte la settimana per finta, così era nera e brutta come un carboncino. Ma la estrema piccolezza non era la sola specialità del nostro eroe: egli portava fieramente, ritto su la fronte, un ciuffo immenso di capelli che gli dava un’aria curiosa, e lo faceva somigliare ad uno spolvera-mobili. E lui ci teneva, sapete, al suo ciuffo! Guai se qualche amico gli consigliava giudiziosamente di farselo tagliare! Era capace di cominciar subito una questione con il solito epilogo di pugni e di scappellotti. In paese tutti lo chiamavano Ciuffettino, per canzonarlo: ma Ciuffettino, invece, era superbo del nomignolo che gli avevano appioppato, e non voleva che neppure la mamma lo chiamasse con il suo vero nome di battesimo. Il quale nome era... Eh! non lo so nè pure io. Mettetene uno qualunque voialtri.

Ma a proposito: Ciuffettino di chi era figlio? Dove abitava? A queste interrogazioni risponderò con una domanda: siete mai stati a Cocciapelata? Mi dispiace dovervi dire che, se non ci siete mai stati, avete fatto malissimo. Non andare a Cocciapelata, la patria di Celso Perepè, l’immortale inventore dei cavatappi a macchina, è lo stesso che non voler vedere nulla di bello e di buono al mondo. Vergogna! È vero che non ci sono mai stato nè pur io, ma questo non vuol dire. Io me la figuro benissimo.

Cocciapelata è un paesino ridente, situato su delle collinette verdi, vicino al mare. L’ultimo censimento, fatto dal sindaco del paese circa un paio d’anni fa, assegnava a Cocciapelata la cospicua cifra di trecentosettantacinque abitanti, compresi dodici cani, trentaquattro porci, diciassette galline, un pappagallo e quattro gatti e mezzo. Dico quattro gatti e mezzo, perchè