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Così chiacchierando, Ciuffettino e il cane salivano la scala che dava sul ponte del battello. Proprio in quel momento i marinai, dietro gli ordini del capitano, stavano eseguendo una difficile manovra delle vele, perchè mutava il vento.

Il capitano era un omaccione grosso e rubicondo, dall’occhio vispo, dalla gran barba incolta, dalla bocca grande come un forno, guarnita di denti da coccodrillo e sempre pronta al sorriso. Si chiamava Mangiavento, ma invece non mangiava che aringhe salate. Però in gran copia: almeno una cinquantina al giorno. Salute a noi! Questo Mangiavento fu il primo a scorgere Ciuffettino e Melampo, che erano sbucati fuori dal boccaporto, come due apparizioni.

— Per mille brigantini! - tuonò il capitano, mettendosi le mani su i fianchi, e girando gli sguardi su gli uomini dell’equipaggio - chi ha fatto salire a bordo questo minuscolo passeggiero? Avevo detto, sì o no, che non volevo passeggieri?

— Ma io non sono un passeggiero, scusi - obbiettò Ciuffettino, facendosi avanti e togliendosi il cappelluccio.

— E chi sei, allora?

— Io sono Ciuffettino!

— E dove vai?