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Eccolo nel bosco del mago Merlino. Colà, circondato da pochi uomini e dal fido Facanapa, Orlando deve difendersi dagli aspri assalti de’ maganzesi e del suo ex-amico Gano di Maganza, il quale è risuscitato per comodo dell’autore e del pubblico.

Pallido, pallido, curvo, tremante, Ciuffettino si trovò - quando il sipario fu arrotolato contro il soffitto del teatrino - dinanzi al colto pubblico e all’inclita guarnigione. Invaginatevi le urla e le risate dei ragazzi!

— Toh! guarda Facanapa!...

— Ma quello è un burattino di ciccia!

— Oh! bellino!

— Ma che bellino! non vedi che non ci ha le gambe torte e il naso lungo?

— Vogliamo il burattino di legno!

— No! no!.... è buffo anche così! guarda che ciuffo!...

— Ohe, Facanapa, tagliati il ciuffo!...

— Attento al ciuffo!...

— Zitti, ragazzi: staremo a vedere: se ci piacerà, bene, se no lo piglieremo a torsolate!

Non vi dico niente delle smanie di Ciuffettino.

Non gli riusciva di spiccicar parola. Orlando gli aveva rivolte per lo meno dieci volte le stesse domande, e lui zitto.

Tanto che mastro Spellacane, imbestialito, lo alzò di peso con il filo di ferro che lo reggeva, e il povero figliuolo, trovandosi sospeso in aria, si mise a sgambettare, come un fantoccio vero.

— Devi ripetere quello che ti suggerisco io, hai capito! - tuonò il burattinaio - altrimenti guai a te!...

Il timore ridonò l’uso della parola a Ciuffettino: e poichè non c’era scampo possibile, il ragazzo si provò a contentare il tremendo uomo.