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— Finisci!

— Senza soldi! ih! ih!

— Dov’è? dov’è? - ruggì Spellacane, girando gli occhioni loschi, intorno - dov’è? che me lo mangi vivo!

Ciuffettino si era nascosto sotto una sedia, e non fiatava.

— Gli è lì sotto - disse il ragazzo del burattinaio, indicando la sedia.

Gli spettatori della tragica scena fremettero.

— Ora lo ingoia con il vestito e tutto! - bisbigliò uno.

— Ma che! se lo beve stasera nel vino - disse un altro.

— Lo butta nel fuoco! - aggiunse un terzo.

Spellacane andò ad acchiappare Ciuffettino.

— Ah! tu volevi entrare a ufo nel teatro!

— Io? no! volevo... ecco... non si arrabbi senta...

— Ho capito tutto. Ci penso io.

— Io dovrei andare a Cocciapelata...

— Eh, per adesso a Cocciapelata non ci vai! Come ti chiami?

— Ciuffettino, per servirla.

— Con me non si scherza, sai, Ciuffettino. Io sono il terribile Spellacane!

— Ci ho tanto piacere. Ma io non ho fatto nulla...

— Ora, ora te ne accorgerai...

E si portò il ragazzo sul palcoscenico, in una specie di oscuro antro pieno di polvere e di tele di ragni, sparso di ordigni strani, di corde, di carrucole, di pali, e popolato di figure fantastiche, immobili, appese a dei fili, come tanti appiccati, e coperte di stoffe e di lustrini che rilucevano nella penombra, al fioco lume di un lampadino ad olio.