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— Egli è, vedi, che per l’appunto, mi son dimenticato di una cosa.
— Che cosa?
— Che tra poco è sera...
— Ebbene?
— I miei vanno a letto con le galline...
— Non capisco... Che c’entra?
— C’entra sicuro: mi dispiace di andarli a svegliare.
— Per una volta tanto!
— Eh! tu dici bene; ma se tu sapessi che benedett’omo gli è il mi’ babbo!
— Sarebbe capace di strillarti?
— Purtroppo!
— Eh! via! dopo tanto tempo che non ti vede!... avrà il cuore grosso grosso, poveraccio... via... via... andiamo... te ne trovarai contento...
Ciuffettino nicchiava.
— E per quella strada lì in faccia, dove si va? chiese dopo un istante.
— In un paesello su la riva del mare...
— E’ lontano?
— Che! appena un mezzo miglio...
— Chi sa che bel paese!...
— Uhm! ci sono stato una volta col mi’ padrone e non m’è parso nulla di straordinario...
— Ma tu, scusa se te lo dico, sei un cane, e i cani certe cose non le possono capire... Io, per esempio, lo vedrei volentieri, quel paese...
Ciuffettino si tacque, e tese l’orecchio. Gli era parso di udire come un lontano frastuono composto di squilli di trombe, di colpi di grancassa e di grida umane.
— Senti, Melampo!...