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È dentro il cervello, che il papavero è rosso, e la mela odora e l’allodola canta.

Da qualche tempo io studio con cura i quattro poemi in prosa che riguardano la figura di Cristo. Per Natale sono riuscito a procurarmi un Testamento Greco ed ogni mattina, dopo aver spazzato la mia cella e forbito i miei utensili, leggo un passo dei Vangeli, una dozzina di versetti presi a caso, non importa dove. È una deliziosa maniera di cominciar la giornata. Ciascuno, anche vivendo una vita turbinosa e disordinata, dovrebbe fare così. Ripetizioni interminabili, ad ogni proposito e fuori scopo, ci hanno sciupato la freschezza, l’ingenuità, la grazia semplice e romantica dei Vangeli. Li sentiamo leggere e citare troppo spesso e troppo male, ed ogni insistenza di questo genere è anti-spirituale. Quando si torna al testo greco, pare di entrare in un’aiuola di gigli, uscendo da una casa angusta ed oscura.

Il piacere è raddoppiato per me dal pensiero che è assai probabile che noi adoperiamo le medesime frasi, ipsissima verba, usate