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tanto che basta per farli crescere e giuocare; eppure dal dodicesimo secolo ai nostri giorni essi non hanno mai cessato di comparire nell’arte in attitudini varie e in età diverse, a un tratto e capricciosamente sorgendo, appunto come i fanciulli ed i fiori: la primavera dà sempre l’idea che i fiori si siano nascosti e che ricompaiano al sole per la paura che gli uomini si stanchino di cercarli e vi rinuncino; e la vita d’un fanciullo non è altro che un giorno d’aprile con delle pioggie e delle zone di sole per i narcisi.
Ora è questo carattere immaginativo della natura di Cristo che lo rende il centro palpitante dello spirito romantico. Le strane figurazioni del poema drammatico e della ballata sono create dalla fantasia d’un altro, ma Gesù di Nazareth si è interamente creato per proprio conto. Il canto d’Isaïa, in vero, aveva da fare con la venuta di Cristo, tanto quanto il gorgheggio dell’usignuolo coll’alzarsi della luna – nulla di più e nulla di meno. Egli fu la negazione come pure l’affermazione della profezia. Per ogni speranza