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creda giuste e rette. E, precisamente come nel campo dell’arte non ci si occupa se non del valore che un fatto particolare ha di per se stesso in un particolare momento, così succede nell’evoluzione etica del carattere.
Occorre ch’io ritenga come un bene per me tutto ciò che mi è accaduto. Il letto di tavole, il cibo nauseabondo, le due funi che si devono sfilacciare in istoppa sino a che le dita indolenzite divengono insensibili, le vili «corvées» con le quali cominciano e finiscono le giornate, gli aspri comandi che sembrano una necessità dell’ordine, l’orribile casacca che rende persino grottesco il dolore, il silenzio, la solitudine, la vergogna – tutto questo bisogna ch’io lo trasformi in esperienza spirituale. Non c’è neppure una degradazione del corpo che non contribuisca a spiritualizzare l’anima.
Voglio arrivare ad un punto tale che mi sia possibile dire semplicemente e senza ostentazione di sorta che le due grandi date della mia vita corrispondono ai giorni in cui mio padre mi mandò ad Oxford e in cui