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imporgli un compito al tempo stesso troppo grande e troppo angusto per lui. È un sognatore costretto alla azione. Amleto è un poeta e gli si comanda di misurarsi con la doppia complessione della causa e dell’effetto, con la vita nella sua contingenza pratica (della quale nulla conosce) e non con la vita nella sua essenza ideale ch’egli penetra tanto bene. Egli non ha nessuna idea di ciò che convenga fare e la sua follìa consiste nel simulare la follìa. Bruto si servì della demenza come d’un mantello per nascondervi sotto la spada, la daga della sua volontà, ma la pazzia d’Amleto è una semplice maschera per dissimulare la propria debolezza. Facendo dello spirito, abbandonandosi a degli scherzi, egli crede di ottenere una via di scampo. Si ostina a giocare coll’azione come un artista gioca con una teoria. Fa la spia a’ suoi stessi atti e, sentendosi parlare, egli sa che non sono altro che «parole, parole, parole». Invece di tentare di essere l’eroe della sua storia, cerca d’essere lo spettatore della