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In vedetta 181

immaginarsi seriamente tutte quelle trasformazioni che non erano per i contemporanei che semplici fatti. E quando egli gettava uno sguardo verso «l’altra parte del territorio», verso le cose strane che esistevano sul continente, il suo spirito si smarriva assolutamente.

Davanti a lui svolgevasi una visione interminabile di città — città situate in mezzo a vaste pianure, città fiancheggiate da potenti fiumi, immense città lungo il littorale, città cinte da montagne coronate di neve. Sopra una gran parte della terra si parlava la lingua inglese; l’amalgama ispano-americano, e i dialetti anglo-negri, anglo-indiani e anglo-cinesi, costituivano il linguaggio quotidiano di due terzi degli abitanti del globo.

Sul continente, all’infuori di alcune antiche e strane sopravvivenze, regnavano soltanto tre lingue; il tedesco che andava fino ad Antiochia e Genova e veniva ad urtare coll’anglo-spagnuolo a Cadice; il russo gallicizzato che veniva ad urtarsi coll’anglo-indiano in Persia e nel Kurdistan e coll’anglo-cinese a Pechino: il francese sempre chiaro e brillante, lingua lucida che si parlava nel bacino mediterraneo unitamente all’anglo-indiano e al tedesco e si inoltrava, con un dialetto franco-negro, fino al Congo.

Dappertutto attraverso la terra popolata di città, salvo nelle zone nere dei tropici, regnava ora la stessa organizzazione sociale cosmopolita, e dappertutto, dal polo all’equatore, si stendevano la proprietà e le responsabilità di Graham. Il mondo intero era civilizzato; il mondo intero abitava nelle città: il mondo intero era accaparrato. Da un capo all’altro dell’Impero britannico e dell’America, il diritto di proprietà di Graham era appena mascherato: congressi e parla-