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Capitolo II.

La catalessi.

Lo stato catalettico, rigido, in cui era caduto quell’uomo, fu di una durata senza esempio: quindi il suo corpo passò lentamente alla fase di flaccidità e a una mollezza di atteggiamento che faceva pensare a un profondo riposo. Soltanto allora poterono chiudergli gli occhi.

Dall’albergo fu trasportato alla clinica di Boscastle e, alcune settimane dopo, dalla clinica a Londra. Ma ogni sforzo per rianimarlo fu infruttuoso, finalmente vi rinunziarono, e per un periodo di tempo considerevole, egli restò in quello strano stato, sempre immobile, inerte, nè vivo nè morto, ma sospeso, se così si può dire, fra l’annientamento e l’esistenza.

Le sue tenebre non erano attraversate da nessun raggio di pensiero o di sensazioni: era un essere nullo senza sogni: un vasto torpore in una calma infinita. Il tumulto del suo spirito era aumentato, era cresciuto fino a diventare un silenzio che nulla poteva vincere. Dov’era l’uomo? Dov’esiste l’uomo, qualunque egli sia, quando l’insensibilità s’impadronisce di lui?

— Mi sembra ieri, — diceva Isbister, — mi ri-