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176 | quando il dormente si sveglierà |
degli aeropiani per le diverse grandi città dell’Europa e dell’America era pure nera della folla dei vincitori.
Nel mezzo di uno stesso palco deviato su delle assi e che attraversava quelle rovine, una folla di operai era occupata a ristabilire la comunicazione fra le funi e i fili del Palazzo e il resto della città, affinchè si potesse trasferire in quel luogo il quartiere generale di Ostrog.
Del resto nulla turbava quell’estensione luminosa: essa era di una serenità così vasta in paragone dei sotterranei pieni di disordine, che in breve Graham, i cui sguardi vagavano lontano, potè quasi dimenticare le migliaia di uomini giacenti fuori della sua vista nella luce artificiale del labirinto quasi sotterraneo inerti o morenti per le ferite riportate nella notte: dimenticare le ambulanze improvvisate col loro esercito di chirurghi, di infermieri, di facchini febbrilmente occupati: dimenticare invero le meraviglie, i prodigi, e la costernazione ancora che la luce elettrica illuminava. Laggiù — in fondo — nelle invisibili strade di quella moltitudine, egli sapeva, che la rivoluzione trionfava; che il color, nero primeggiava dappertutto: ornamenti neri, bandiere nere: neri festoni attraverso le strade. E qui, al di fuori, sotto la fresca luce del sole, sopra il vulcano della battaglia, come se niente fosse accaduto, rumoreggiava calma nel suo incessante lavoro, tutta quella foresta di ali a vento che era stata creata sotto il regno del Consiglio.
Così Graham apprese che laggiù, nella contrada, sopra ogni ciglio e ogni collina, là dove una volta si disegnavano, nascoste in mezzo al verde, le siepi, le ville, gli alberghi, le case e le fattorie — delle ruote a vento, simili a quelle che vedeva, sorreggen-