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In vedetta 175

incaricato di condur Graham al posto di guardia, Lincoln si scusò di non poter accompagnarli in forza del lavoro amministrativo urgente che esigeva la sua presenza in quel momento.

Più in alto ancora delle gigantesche ruote a vento, quel posto di guardia era situato circa un migliaio di piedi sopra i tetti: piccola panchina in forma di disco, sopra un tronco di filigrana sostenuto da puntelli. Graham fu lassù trasportato in una specie di sedia a forma di paniere, sospesa da funi di leggero metallo.

Nel centro del fragile tronco, era fissata una galleria leggera da cui discendevano, girando attorno alla branca esterna, un certo numero di tubi che, veduti dall’alto, parevano dei fili. Erano gli specula in comunicazione cogli specchi, in uno dei quali Ostrog aveva mostrato a Graham la rivoluzione trionfante. L’assistente giapponese montò davanti e ambedue trascorsero là più di un’ora, uno interrogando, l’altro rispondendo.

La giornata splendeva nella promessa e nel fascino anticipato della primavera. Il vento alitava più caldo; il cielo era di un azzurro carico, e la vasta estensione della città splendeva, sfolgorante, al sole mattutino. L’atmosfera, scevra di qualunque nebbia, era dolce come l’aria di una vallata di montagne. All’infuori dell’ovale irregolare delle rovine intorno al Palazzo del Consiglio, e della nera bandiera che sventolava sull’edifizio, la potente città offriva da quell’altezza poche tracce della rapida rivoluzione che. aveva in una sola notte e in un sol giorno cambiato i destini del mondo. La folla continuava a radunarsi su quelle rovine, e in lontananza, l’enorme arena a cielo aperto da cui partiva in tempo di pace il servizio