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Il popolo è in marcia 111

mente il centro del teatro, proprio in faccia al popolo e di nuovo si trovò in quella specie di alcova. Immantinente le onde crescenti del canto furon soffocate da una tempesta di acclamazioni.

Quel vestibolo era un luogo vasto e complesso: formato di gallerie, di balconi, di larghe balaustrate, di scalini disposti ad anfiteatro, e di grandi arcate.

In lontananza, lassù in alto pareva l’imboccatura di un enorme fiume pieno di umanità brulicante.... La folla oscillava in masse compatte: alcune facce scaturivano da quel tumulto, attiravano momentaneamente l’attenzione di Graham, disperdendosi di nuovo indefinite.

Vicino alla piattaforma, sulle spalle di tre uomini stava una donna superbamente bella, dalle chiome bionde disciolte lungo il volto, la quale vibrava in aria un’asta verde. Accanto a questo gruppo, un vecchio dalla faccia rovinata, vestito di tela azzurra, stava fermo in mezzo a quello scompiglio con difficoltà, e più lontano ancora si vedeva muovere una testa senza capelli, e la grande cavità di una bocca senza denti. Una voce gridò improvvisamente questa enigmatica parola:

— Ostrog.

Tutte le impressioni di Graham erano vaghe all’infuori dell’emozione vivissima di quel canto cadenzato che la folla accompagnava coi piedi, battendo il tempo, rrrran.... rrrran.... rrrran....

Le armi verdi si agitavano, brillavano e si piegavano: poi Graham vide che coloro i quali gli erano più vicino davanti alla scena, si erano incamminati verso un gran passaggio centinato a gridavano: «Al Consiglio» battendo i piedi cadenzatamente. Egli alzò il braccio: gli urli raddoppiarono: allora si ricordò