so.” “Manfredi il quale avea sino allora
considerato come timor panico lo spavento de’ servidori, rimase impensierito nell’intender
ciò, rammentandosi la scena del ritratto,
e l’essergli stata chiusa in faccia la porta di quella camera stessa, e domandò
con voce commossa, cosa eravi dentro. “Signore,” disse Iacopo, “quando Diego ed io
siamo arrivati nella galleria, egli mi è passato
avanti, vantandosi d’aver più coraggio
di me... dunque, quando siamo arrivati
nella galleria non abbiam trovato nessuno;
s’è guardato sotto le panche e sotto
gli sgabelli, e parimente non abbiamo
trovato alcuno.” “I quadri eran tutti al lor
posto?” domandò Manfredi. “Oh sì, signore,
ma non si è pensato di guardar dietro
a’ quadri,” riprese il servo. “Bene, bene,”
disse Manfredi, “seguita pure.” “Quando
siamo arrivati alla porta del camerone,” continuò
Iacopo, “l’abbiamo trovata chiusa”... “E non l’avete voi potuta aprire,” interruppe
Manfredi. “Oh Altezza sì! avesse