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te l’unico mezzo di salvar la vita.” “La verità mi è della vita più cara,” ripetè quello, “nè vorrei comprarmi l’una in pregiudizio dell’altra.” “Eh non istare a farmi il filosofo,” soggiunse Manfredi con disprezzo, “e parlami piuttosto di quel rumore?” “Dimandatemi ciò che bramate sapere,” replicò il giovane, “e fatemi uccidere se mentisco.” Manfredi, perdendo la pazienza per la di lui costante fermezza e tranquillità, gridò: “ebbene, giacchè ti vanti di non saper mentire, rispondimi; è egli stato quel rumore cagionato dalla botola?” “Altezza sì,” disse il giovine. “Tu di’ la verità,” continovò Manfredi, “ma come hai saputo, esser quivi una botola?” “Ho veduta la lamina d’ottone per mezzo d’un raggio di luna,” rispos’egli. “Ma chi ti ha detto, esser ciò una serratura?” proseguì Manfredi, “e come sei potuto arrivare a scoprire il segreto d’aprirla?” “La Provvidenza la quale aveami procurato la via d’uscir di sotto l’elmo, poteva,” rispos’egli,