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cina a perire; deh! aiutatemi ad allontanarmi da questo castello per me fatale, altrimenti diverrò in breve sventurata per sempre.” “Oimè!” le rispose l’incognito: “che far poss’io per assistervi? Mi esibisco di morire in vostra difesa, ma non son pratico nè di questo luogo, nè del palazzo, ed ho anch’io bisogno”... “Ah!” soggiunse Isabella: “aiutatemi soltanto a trovare la ribalta d’una botola che deve esser quì oltre, e ciò sarà il più grande ed anzi l’unico favore quale far mi possiate, perchè non ho un istante da perdere.” Nel dir queste parole, chinossi a terra, tastando quà e là colla mano il pavimento, e pregando l’incognito di cercare in simil modo una lamina d’ottone incastrata in una pietra, palesandogli, esser quella una serratura che si apriva per mezzo di una molla di cui sapeva ella bene il segreto: “se ci riesce di trovarla,” continuava ella, “posso fuggire; altrimenti, oimè! cortese incognito, temo d’avervi involto nelle mie disgrazie, poichè Manfredi vi crederà