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dell’anima sua, lo rispinse con isdegno, ed entrato nella camera, serrò con dispetto, la porta in faccia a Manfredi, e vi si chiuse dentro a chiavistello. Infuriatosi l’altiero prencipe, montò in tanta collera da commettere in tal momento qualunque eccesso. Uscì dal palazzo, e nell’attraversare il cortile, incontrò quello stesso servitore che aveva lasciato intorno al convento, per ispiare gli andamenti del P. Girolamo e di Teodoro. Costui ad esso ne veniva tutto ansante, per informarlo che Teodoro ed una dama giunta dal castello, stavansi allora privatamente conferendo avanti la tomba di Alfonso nella chiesa di S. Niccola; e che egli aveva senz’alcun dubbio riconosciuto Teodoro, ma, attesa l’oscurità della notte, non avea potuto ravvisar la gentildonna colà venuta.


Manfredi, già fuor di se per la rabbia, si risovvenne, averlo poco innanzi Isabella quasi da se discacciato, nulla curandosi d’ir-