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del conte di Falconara”... “Sì, sì, è verissimo,” interruppe il P. Girolamo, “son io quell’infelice padre”... “Tacete, vi ripeto,” insistè Manfredi, “e tu prosegui,” soggiunse rivolto al giovane, il quale così riprese il discorso: “io rimasi dunque in ischiavitù, e fui liberato soltanto due anni sono, tempo in cui, ritrovandomi in corso sul mare col mio padrone, ci trovammo assaliti da un vascello cristiano il quale rimase vincitore; dopo di che, avendo scoperta la vera mia condizione al capitano, egli generosamente mi pose a terra nella Sicilia, dove, invece di ritrovar mio padre, riseppi, essere stati saccheggiati e devastati i suoi beni, come ancora abbruciato e diroccato il castello; e di più mi fu detto che in conseguenza di tal catastrofe avea mio padre, ritornando, venduto ciò che gli rimaneva, ed erasi fatto religioso nel regno di Napoli; ma niuno potè dirmi come, nè in qual convento. “Imbarcatomi alla prima occasione, navigai sino a Napoli, e di là poi son venuto di pro-