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dre... dammi un abbraccio”... “Come!” esclamò Isabella, “oh maraviglia!... oh orrore!... che ascolto!... che vedo!... mio padre!... voi mio padre!... e come siete quì venuto!... per amor del cielo, raccogliete i vostri spiriti, e parlate... deh! soccorretelo, amici, altrimenti morrà.” “Sì, egli è vero,” soggiunse a gran fatica il cavaliere, “io sono il marchese Federigo tuo padre... sì, io son venuto per liberarti... ma... non potrò... dammi l’ultimo amplesso, e ricevi”... “Signore,” dissegli Teodoro, “non vi affaticate cotanto, lasciate che vi portiamo al castello”... “Al castello!” interruppe Isabella, “forse non sì può ottener soccorso, se non nel castello? vorreste dunque espor mio padre all’ira del tiranno?... s’egli ci va, non ho coraggio d’accompagnarlo... e come lo posso lasciare!”... “Figlia mia,” soggiunse Federigo, “non m’importa in qual luogo io sia portato, perchè sarò fra non molto fuor del pericolo... ma sino a tanto che stanno aperti