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in gran copia dalle ferite. Il cavaliere rinveniva a poco a poco; e Teodoro, vedendo ch’egli era in istato di udire le altrui parole, gli disse: “fatevi coraggio, anch’io difendo Isabella contro Manfredi.” Il vinto, sforzandosi a parlare, con vooe tremante così rispose: “generoso nemico, abbiamo ambedue preso abbaglio; io vi credevo un reo ministro d’un più reo tiranno, e voi pure tale mi avete sventuratamente creduto; ma non è questo il tempo di fare scuse... mi sento mancare... se Isabella non è di quì lungi, fatela a me venire... ho importanti segreti da scoprirle... ah!”... “Ei muore,” disse uno degli assistenti... “c’è qualcheduno che abbia un Crocifisso?... Andrea, raccomandagli l’anima”... “Andate a prender dell’acqua, e fatelo bere,” soggiunse Teodoro; “intanto mi affretterò a far venire Isabella.” In questo, volò alla medesima, ed esposele brevemente, e con modestia, aver egli avuta la sventura di ferire per isbaglio un gentiluomo cortigiano del padre suo,