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mio progetto, e colmandomi d’acerbo affanno mi spingeva a ritirarmi lontan da’ viventi; ma ero combattuto dalla dubbiezza di trovare un degno e legittimo successore, capace di governar con paterno affetto i miei sudditi, e di provveder saviamente ad Isabella, da me amata come se fosse mio proprio sangue. Io non conoscevo alcun parente d’Alfonso, se non Federigo vostro signore, il quale dicevasi morto in cattività, ma, quand’anche fosse stato e vivo e ne’ suoi stati, io mi figuravo o che egli non avrebbe accettata la mia rinunzia, non volendo abbandonare il bel paese di Vicenza, per venire a risedere nel meschino principato d’Otranto, o che, accettandola, ne avrebbe mandato al governo un vicereggente, nel qual caso, sapendo io quanto simili persone siano dure ed inesorabili, non avrei mai voluto abbandonar così il mio popol fedele che amo veracemente, e da cui son riamato. Allorchè giungeste, stavami appunto immerso in tali pensieri... ma voi mi domanderete forse,