il quale ho sempre inteso, essere un valoroso e gentil cavaliere, ed ardisco dire che s’ei fosse quì presente, non crederebbe disonorarsi, conversando con un principe suo pari, ed abbastanza conosciuto per fatti d’arme... nè ancora mi rispondete?... ebbene sia com’esser si voglia... continuate pure... per le leggi dell’ospitalità e della cavalleria, siete ora padroni nel mio castello... fate come a voi piace... su via datemi un bicchier di vino; non ricuserete almeno di bere alla salute della vezzosa vostra padrona la principessa Isabella.” Il cavalier principale gettò a tai parole un sospiro, si oppose co’ cenni, e stava per levarsi da mensa; ma il prencipe, trattenendolo, gli disse: “fermatevi, cavaliere; l’ho detto soltanto per allegria, nè vi costringerò a far cosa alcuna di mala voglia: dunque, giacchè non vi aggrada stare in festa, sian pur melanconici i nostri ragionamenti... a voi piacerà forse più il parlare de’ nostri affari, ritiriamoci; venite ad ascoltar ciò che debbo manifestar-