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all’elmo, rimase talmente fissa al terreno da non poter esser da forza umana distaccata. Il principe, benchè accostumato a soprannaturali avvenimenti, fu scosso tuttavia da questo nuovo prodigio, ma pure dissimulò; e ritornando nel salone ove tutto era già pronto, pregò i taciturni ospiti di porsi a mensa. Manfredi, quantunque pieno di confusione e disturbo, sforzavasi tuttavia di mostrar esterna disinvoltura, e di risvegliare allegrezza ne’ forestieri. Fece a’ medesimi varie interrogazioni, ma quelli risposero soltanto co’ gesti, nè alzarono le visiere se non quanto bastava a prender cibo, e ciò neppure abbondantemente. Il prencipe, osservata questa ritenutezza, disse loro: “Signori, voi siete i primi ospiti accolti e trattati in queste mura, che abbiano sdegnato di conversar meco; nè, siccome io penso, si è giammai molto usato dai principi di compromettere la lor dignità, fidando se stessi a genti sconosciute le quali ricusano di parlare. Voi dite venire in nome di Federigo di Vicenza,