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rifiutò ad Archelao il titolo di Re finchè non avesse dato prova di capacità e fedeltà.

Lo creò invece Etnarca, e come tale lo lasciò governare nove anni, a capo dei quali, essendosi egli dimostrato impari all’alto ufficio e inabile a frenare gli elementi turbolenti che si agitavano intorno a lui, lo mandò in esilio nelle Gallie.

Cesare non si accontentò di deporre Archelao. Colpì il popolo di Gerusalemme in un modo che ferì nel vivo l’orgoglio dei superbi custodi del Tempio. Ridusse la Giudea in provincia Romana e la aggiunse alla prefettura di Siria.

Di modo che, in vece di un principe governante regalmente nel palazzo che Erode aveva costruito sul monte Sion, la città cadde nelle mani di un ufficiale subordinato, di un impiegato chiamato Procuratore, il quale comunicava con la corte di Roma per via del Legato di Siria, residente in Antiochia. — Per rendere più dolorosa la ferita, al Procuratore non fu permesso di stabilirsi a Gerusalemme; questo onore fu invece concesso a Cesarea. Ma la maggior umiliazione di tutte, la più irritante, la più voluta, fu l’annessione della Samaria, — la disprezzata Samaria, unita alla Giudea come parte della stessa provincia! Quale dolore per i bigotti separatisti o Farisei il vedersi sospinti e derisi alla presenza del Procuratore in Cesarea, dai devoti di Gerizim!

Fra tante lagrime una consolazione sola rimaneva al popolo caduto: Il Pontefice occupava il palazzo di Erode sulla Piazza del Mercato e vi teneva la sembianza d’una corte. Quale fosse in realtà la sua autorità si può facilmente comprendere.

Il Procuratore si riserbava il diritto di vita e di morte. La giustizia era amministrata in suo nome e secondo i decreti di Roma.

Sintomo ancora più significante: il palazzo reale era contemporaneamente occupato dagli ufficiali delle imposte imperiali con tutto il suo corpo di assistenti, registratori, collettori, informatori e spie. Ciò non di meno agli ostinati sognatori di una libertà futura, era di una certa soddisfazione il pensare che il principale personaggio nel palazzo era un Ebreo. La sua sola presenza in esso, giorno per giorno, rammentava loro i patti e le promesse dei profeti e i tempi in cui Jeova reggeva le tribù per mano dei figli d’Aronne; era per essi un segno visibile che Egli non li aveva abbandonati; così le loro speranze li tenevan desti