Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
45 |
celesti e grandi, dalle lunghe palpebre, e dalle lunghe ciglia, ed in armonia con tutto ciò un volume immenso di capelli d’oro, tenuti nel modo concesso alle giovani spose Ebree, spioventi cioè per la vita sino a toccar la sella sulla quale essa sedeva. La gola ed il collo erano morbide, lanuginose, come talvolta si può osservare in alcune donne, e che mettono in un’artista il dubbio se si tratti di un effetto di linee o di colori. Aveva anche altre indefinibili bellezze, ad esempio un’aria di purezza che solo un’anima angelica può dimostrare, e un certo che di etereo che sembrava non poter essere toccato da mani mortali. Spesso, aveva le labbra tremule, e sollevava i begli occhi al cielo, divenuto anch’esso più chiaro; o incrociava, le mani sul petto come in atto di adorazione o di preghiera o alzava il capo come chi ascolta attento una voce che chiami dall’alto. Ogni tanto, interrompendo le sue noiose narrazioni, Giuseppe si voltava a guardarla, e, ammirando l’espressione del suo viso irraggiato di luce, dimenticava i suoi ragionamenti, e, chinando il capo, fantasticando, continuava a camminare.
Così essi terminarono di percorrere la gran pianura e infine raggiunsero il colle Mar Elias, dal quale, attraverso la valle, ammirarono Betlemme. Là si fermarono e riposarono, mentre Giuseppe indicava a Maria i luoghi sacri. Poi scesero nella valle e andarono ad un pozzo che recava istoriato uno dei meravigliosi fatti d’armi di Davide. Lo spazio angusto era pieno di gente e di animali. Giuseppe ebbe il dubbio, se la città fosse così affollata, che la gentile sua compagna, avesse potuto trovarvi ricovero. Senza por tempo in mezzo egli corse avanti, passò la colonna marmorea che indicava la tomba di Rachele, e, pel versante fiorito, non salutando alcuna delle persone che incontrò per via, continuò a correre finchè si fermò davanti alla porta del Khan che allora era fuori dalle mura del villaggio vicino a un crocicchio di strade.
CAPITOLO IX.
Per capire a fondo ciò che accade al Nazareno il lettore deve ricordarsi che le taverne dell’Oriente eran ben diverse da quelle dell’occidente. Esse erano dai Persiani chiamate Khan e fatte nel modo più semplice; erano recinti chiusi,