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— «Guarda!» — disse Ben Hur con amarezza. — «Questa gente che viene adesso rappresenta Gerusalemme!» —

Alla testa della processione veniva un esercito di ragazzi urlando e schiamazzando: — «Il Re degli Ebrei! Largo, largo per il Re degli Ebrei!» —

Simonide li osservò, e con voce grave, disse: — «Quando questi saranno uomini, figlio di Hur, che sventura per la città di Salomone!» —

Una schiera di legionari, in armature scintillanti, seguì in file serrate, stolidi e indifferenti.


Poi venne il NAZARENO!


Era quasi morto. Ad ogni passo barcollava come se volesse cadere. Una veste macchiata e a brandelli pendeva dalle sue spalle, sopra la semplice tunica grigia.

I piedi nudi lasciavano chiazze di sangue sul lastricato. Un’iscrizione sopra un asse era appesa al suo collo, e una corona di spine era stata calcata sulle sue tempie, producendo crudeli ferite, dalle quali il sangue era uscito a rigagnoli, ed ora coagulato e secco gli imbrattava il viso e il collo.

La pelle, dove appariva, aveva un pallore spettrale.

Le sue mani erano legate.

Un contadino portava la sbarra trasversale della croce, sotto il peso della quale egli era caduto poco prima. Quattro soldati lo accompagnavano quale guardia contro la plebaglia, che, ciò non ostante, di tanto in tanto si rompeva un passaggio fino a lui e lo percuoteva con bastoni e gli sputava addosso.

Non un suono sfuggiva dalle sue labbra, nè d’ira, nè di lamento.

Quando passò davanti a Ben Hur e la sua compagnia egli alzò gli occhi.

Ester si aggrappò al padre; ed egli stesso tremò. Balthasar cadde a terra senza una parola.

Anche Ben Hur gridò: — «O mio Dio, mio Dio!» — Allora, come se intuisse i loro sentimenti o avesse udito l’esclamazione, il Nazareno voltò la sua faccia sparuta verso di essi, e girò gli occhi lentamente dall’uno all’altro. Quello sguardo rimase scolpito nel loro cuore per tutta la vita. Essi vedevano ch’egli pensava a loro, non a sè, ed i suoi occhi