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I volti di tutti portavano l’impressione di uomini che si affrettavano a vedere un terribile spettacolo, qualche improvvisa rovina, una ignota calamità. E da questi segni Ben Hur giudicò che si trattasse di forestieri venuti per Pasqua in città, estranei alla condanna del Nazareno, possibilmente suoi amici.
Finalmente, nella direzione delle grandi torri, Ben Hur udì, dapprima fievole per la distanza, poi più distinto, il clamore di molti uomini.
— «Attenti! Essi vengono!» — disse uno dei Galilei.
Il popolo nella via si fermò ad ascoltare, ma, quando quelle grida furono vicine, ognuno si guardò in volto atterrito, e tremando proseguì la sua strada.
Il vociare cresceva di minuto in minuto, e tutta l’aria ne risuonava, quando Ben Hur vide i servitori di Simonide avanzare col loro padrone in portantina, ed Ester che gli camminava al fianco.
Li seguiva una lettiga coperta.
— «Pace a te, o Simonide — e a te, Ester» — disse Ben Hur, andando loro incontro. «Se siete diretti al Golgota, fermatevi finchè passa la processione, ed io vi accompagnerò. Qui all’ombra della casa potete riposare.» —
Il capo del negoziante era chino sul petto. — «Parla a Balthasar» — rispose, — «la sua volontà sarà la mia. Egli è nella lettiga.» —
Ben Hur si affrettò ad alzare le cortine. L’Egiziano vi giaceva dentro, col volto così sparuto e pallido come quello di un cadavere.
La proposta gli fu comunicata.
— «Possiamo vederlo?» — chiese con un fil di voce.
— «Il Nazareno? sì; egli deve passare a pochi passi da noi.» —
— «O Signore» — esclamò il vecchio con ardore. — «Mi sia dato di vederlo una sol volta, una sol volta ancora! Oh qual giorno terribile per il mondo!» —
Poco dopo, tutta la comitiva aspettava dietro all’angolo della casa.
Poche parole furono scambiate. Balthasar uscì a stento dalla lettiga, e rimase in piedi, sorretto da un servitore. Ester e Ben Hur si strinsero intorno a Simonide.
Intanto la sfilata continuava, se possibile, più fitta di prima. Le grida risuonavano vicine, alte, crudeli, beffarde. Finalmente giunse la processione.