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comune — e Ben Hur non era di quelli. Fissando gli sguardi nell’avvenire egli cominciò a intravvedere i brani di una vita serenamente bella, con un tranquillo focolare invece di un palazzo reale, e con Ester sua sposa. Più volte nel lento volgere delle ore notturne, egli pensò alla villa di Miseno, immaginando la figura della sua bella compagna aggirantesi in quei superbi atri Romani, per quei sentieri fioriti, per la spiaggia di quel mare così azzurro, sotto alla volta del bel cielo Napoletano.

In altre parole una nuova crisi sconvolgeva Ben Hur, crisi che solo l’incontro col Nazareno all’indomani, poteva risolvere.


CAPITOLO IX.


La mattina appresso, circa all’ora seconda, due uomini giunsero di galoppo alla tenda di Ben Hur, e, smontando, chiesero di parlargli. Egli non era ancora alzato, ma ordinò che fossero subito ammessi.

— «Pace a voi, fratelli» — egli disse, poichè erano dei suoi Galilei, ufficiali fidati. — «Sedete» —

— «No» — disse il più anziano bruscamente, — «sedersi e fare il proprio comodo significa lasciar morire il Nazareno. Alzati, figlio di Giuda, e vieni con noi. Il giudizio è stato pronunciato. L’albero della croce è già pronto sul Golgota.» —

Ben Hur sbarrò gli occhi.

— «La croce!» — era tutto quanto potè dire al momento.

-- «Lo presero ieri notte e lo processarono» — continuò l’uomo. — «All’alba lo condussero davanti a Pilato. Due volte il Romano negò la sua colpa; due volte si rifiutò di condannarlo. Finalmente se ne lavò le mani, e disse: — «La responsabilità sia vostra» — Ed essi risposero...»

— «Chi rispose?» —

— «Essi — i sacerdoti ed il popolo — «Il suo sangue cada su di noi e sopra i nostri figli.» —

— «Santo padre Abramo!» — esclamò Ben Hur. — «Un Romano più benigno con un Israelita che i suoi compaesani? E se — ah, se egli fosse veramente il figlio di Dio, chi laverà mai da quel sangue i loro figliuoli? Non deve essere — è tempo di combattere!» —